lunedì 30 maggio 2011

Echi dei festeggiamenti dalla grande città

Si sentono gli echi dei grandi festeggiamenti della capitale padana e fa venire anche un rabbia: da milanese d'adozione ho visto passare personaggi impresentabili. Davvero una catena ininterrotta di deprimenti rappresentanti della politica. E adesso che tutti preannunciano la primavera milanese, io non ci sono. 
Sono in campagna, nel silenzio e nella quiete (in realtà guardando avidamente sulla TV i risultati elettorali) facendo marmellate. 
Si potrebbe dire che le stagioni delle elezioni e quelle delle prime marmellate coincidono, ed ambedue si svolgono come battaglie senza esclusioni di colpi. Nel weekend abbiamo raccolto due dei primi frutti di stagione: more di gelso e amarene. 



Mentre le seconde sono ben note, soprattutto per quelle Fabbri, che hanno addolcito gelati, granite e budini della mia infanzia (e credo quella di molti altri della generazione '62); le prime mi erano sconosciute. Per me, cresciuta nelle estati del Sud assolate e marine, i gelsi non avevano la benché minima forma, colore ... pensavo che fossero dei cespugli su cui passeggiavano satolli bachi da seta prima di imprigionarsi da soli e diventare foulard dalle parti di Como.
Nella realtà i gelsi sono cespuglioni grossi o addirittura alberi alti e folti che crescono vicini alle cascine, perché da queste parti l'allevamento dei bachi da seta era una delle tante attività a cui si dedicavano le donne (tanto per cambiare) e i ragazzini. In questa stagione, cioè in un paio di giorni, il gelso si riempie di more nere o bianche a seconda della specie, che maturano in poche ore e cadono. 



Sabato ci siamo dedicati alla raccolta con un grazioso cestino, dimenticando i guanti - come l'anno scorso - e quindi tingendoci le dita di nero indelebile, che va via solamente eliminando le impronte digitali, come gli immigrati messicani.
Il passo successivo è quello di pulire le more dal picciolo interno, un lavoretto da fare con i guanti, molta pazienza e qualche ora a disposizione. In effetti le more si disfano durante questa operazione, ma non importa, tanto è questo il loro destino. Ho aggiunto lo zucchero (pari a circa 1/3 del peso della frutta) e poi ho passato il tutto con il passaverdura con i buchini piccolini. Già, mi ero dimenticata di precisare, che le more hanno dei semini piccolini piccolini, ma tanti tanti. 



Una volta passate le more, si aggiunge un limone e si mettono a cuocere e si aspetta pazientemente che la marmellata si faccia. Cioè, mentre la marmellata si fa si cerca di recuperare al disastro compiuto: cucchiai, cucchiaini, insalatiera, mestolo, passaverdura, schizzi da tutte le parti, impronte nere ovunque. Tutto in lavastoviglie e via. 



La marmellata vien pronta e si invasa (anche l'imbuto da lavare), si chiudono i barattoli e si mettono a bollire per una mezz'ora. 



Circa 6 ore di lavoro per 4 barattoli di marmellata, c'è da non crederci. E manca ancora l'etichetta e il packaging. ma questo si farà la prossima volta.

Vi eravate dimenticati delle amarene? ne riparliamo domani.

1 commento:

  1. conserva un barattolo per farmela assaggiare
    secondo me con la panna cotta o il gelato allo yogurt deve essere paradisiaca
    by luisa

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